Questa è la storia di "vicini di casa esemplari, di un condominio particolare". Un racconto che intreccia episodi celebri ed esistenze ordinarie, teatro e vita vissuta. Come ogni novella che si rispetti, inizia con il classico: "C'era una volta ..."
C'era una volta, a Brescia, la "Signora Irma", dalla nobiltà gentile, innata, elegante e c'era il "Sior Mario", instancabile organizzatore di eventi musicali, proprietario di un negozio di noleggio e vendita di strumenti adiacente ai muri del Teatro, con scale, porte e scarichi in comune, le cui finestre occhieggiavano nell'ovale di sinistra guardando da sotto i portici la facciata del Grande. La vetrina dell'esercizio commerciale aperto nel 1933, come riferisce un giornale dell'epoca, "è una distesa ben ordinata di cimeli fotografici ... mentre i cimeli più importanti e i documenti autografi rimangono esposti nel salone superiore della Ditta", che altro non era che la sala da pranzo della casa/bottega, interclusa tra la cucina e le camere da letto, sgomberata di tutti i mobili e ridipinta per l'occasione. C'era poi nonno Arnaldo, cronista di un Foglio che aveva sede nella stessa piazzetta dove si trova l'ingresso al palcoscenico e che, affacciatosi alla finestra e sentiti gli applausi e gli "evviva" del pubblico, fu il primo a rassicurare Giulio Ricordi: "E' un trionfo. E' un trionfo". C'era infine il piccolo Michele che quando baruffava con i cuginetti brianzoli, soleva zittirli: "Il mio Teatro Grande è più bello della Scala, che al confronto appare come il "tinello buono" di una "sciureta". Brescia diede il trionfo alla Butterfly dopo il fiasco milanese. Milanesi ignoranti!". Fierezza di un "ultras" pucciniano.
Cronaca della quotidianità che accompagnò la nascita di uno dei maggiori capolavori nella Storia del melodramma. Quest'anno si celebrano i 110 anni dalla rappresentazione di Madama Butterfly di Giacomo Puccini, che ebbe luogo al Teatro Grande di Brescia il 28 maggio 1904, alla presenza del giovane Re Vittorio Emanuele III e della moglie Elena del Montenegro, giunti in treno da Roma. Fu questo, il primo successo dell'opera, nella versione riveduta dopo la clamorosa stroncatura alla Scala di Milano.
Il Dott. Michele Vigasio (sì, proprio il piccolo "ultras" pucciniano, cresciuto con la musica nel corredo cromosomico) acquistò anni or sono, a un'asta da Christie's, una preziosa lettera autografa nella quale il compositore lucchese commentava con l'editore lo svolgersi delle prove bresciane, il cast e le prime sensazioni inerenti le modifiche apportate alla partitura.
Caro Sig. Giulio, prove sempre bene. Il pezzo nuovo (del) tenore va bene e riempie e ci voleva. Si è fatto un taglio: l’alba, l’allegro – dall’adagio dopo le voci interne si salta al già l’alba di Suzuki. La Kruceniski è ottima nella voce e riesce anche nella graziosità e nel sentimento. Certo ha meno espressione della Storchietta ma ha più spolvero ... Il console è un po’ salame, ma come tale va per il complemento del pranzo ... Mi scordavo di dirle che le coriste sono mostri! Affettuosi saluti e a presto vederla. Suo aff. Puccini.
Poche righe in cui c'è tutto Giacomo Puccini. Note di colore che restituiscono la freschezza del suo carattere ironico e la sensibilità creativa; spirito "toscanaccio" e profondità di vedute; elevatissimo genio musicale ed esigenza terrena di successo, di applausi, di quel consenso di pubblico che insuffla aria nei polmoni dell'artista. Il documento è stato ora donato alla Fondazione del Teatro Grande e va ad arricchire la raccolta di documenti testimonianti la nascita di Butterfly. Il cartiglio sarà esposto nel Teatro - fresco di restauri - accanto al manifesto originale dell’epoca, al riconoscimento ricevuto in quell’anno per la Stagione d’Opera e alla fotografia della Compagnia che portò in scena la prima rappresentazione bresciana, dove è immortalato anche quel certo "console un po' salame"!